Egregio Signor Costa Vece,
come annunciatole, le comunico qui di seguito le ragioni che ci hanno indotto a rinunciare all’affissione della sua opera sulla torretta dell’Istituto e a proporle, in alternativa, altri spazi all’interno o nel parco dell’ Istituto. La sua opera, della quale ho preso conoscenza a fine aprile, intitolata nella prima versione “Bandiera anarchica” esibisce eloquentemente, su sfondo rosso, il simbolo dell’anarchia. Personalmente non ho problemi di ordine ideologico, né pregiudiziali nei confronti di tali soggetti. Come, d’altra parte, credo aver dimostrato invitandola a partecipare a Milano alla “Galleria o Artoteca” con un’opera analoga e altrettanto “politica”. Tuttavia, come direttore culturale dell’Istituto, sono tenuto a tutelarlo da malintenzionati, nonché a rispettare il suo ruolo e la sua immagine istituzionale. La sua opera, di ampie dimensioni e posta sul secondo punto di vista più alto di Roma, si presterebbe evidentemente a letture equivoche e ambigue, con la possibilità di essere interpretata anche come una provocazione sia nei confronti di persone “benpensanti” che degli stessi simpatizzanti anarchici. Anarchici che le rappresentanze svizzere in Italia tengono puntualmente sotto sorveglianza per i conosciuti fatti del caso Camenisch. Il luogo di ubicazione della sua opera, da lei proposto, peraltro infelice poiché avrebbe oscurato l’atelier sottostante, richiedeva comunque un permesso alla Questura di Roma, così come presso la Soprintendenza ai Beni Culturali che, dato alcuni precedenti, difficilmente ritengo avrebbero consentito un simile intervento su un “edificio di pregio” del centro storico. Prima di intraprendere questi eventuali passi ho comunque voluto sottoporre la problematica al Direttore dell’Istituto, Professor Riedweg. Il Professor Riedweg, che ha avuto un lungo colloquio anche con la curatrice Karin Frei, si è fermamente opposto al posizionamento sulla torre dell’opera condividendo essenzialmente le mie ragioni e affermando anche che l’opera, nella sua forza, nella sua realizzazione al “premier degré” e nel suo spirito totalitarista, avrebbe falsato il senso dell’esposizione. Pur condividendo il principio di un “ISR Ausnahmezustand” avrebbe auspicato una realizzazione meno esplicita, più giocosa in un senso dionisiaco, così da evitare ogni fraintendimento. Secondo il suo punto di vista che rispettiamo, lei ha ritenuto di non poter individuare altri spazi né all’interno né all’esterno della Villa Maraini per posizionare la sua opera, come noi le abbiamo proposto non certo per nasconderla ma per meglio contestualizzarla. Siamo rimasti perciò d’accordo di esporre la sua opera sotto altro titolo e di mantenerla nella cassa con l’indicazione del primitivo luogo di esposizione sulla torretta. Spiacenti di questo contrattempo, la saluto cordialmente.
Domenico Lucchini Direttore culturale
Egregio Signor Costa Vece,
come annunciatole, le comunico qui di seguito le ragioni che ci hanno indotto a rinunciare all’affissione della sua opera sulla torretta dell’Istituto e a proporle, in alternativa, altri spazi all’interno o nel parco dell’ Istituto. La sua opera, della quale ho preso conoscenza a fine aprile, intitolata nella prima versione “Bandiera anarchica” esibisce eloquentemente, su sfondo rosso, il simbolo dell’anarchia. Personalmente non ho problemi di ordine ideologico, né pregiudiziali nei confronti di tali soggetti. Come, d’altra parte, credo aver dimostrato invitandola a partecipare a Milano alla “Galleria o Artoteca” con un’opera analoga e altrettanto “politica”. Tuttavia, come direttore culturale dell’Istituto, sono tenuto a tutelarlo da malintenzionati, nonché a rispettare il suo ruolo e la sua immagine istituzionale. La sua opera, di ampie dimensioni e posta sul secondo punto di vista più alto di Roma, si presterebbe evidentemente a letture equivoche e ambigue, con la possibilità di essere interpretata anche come una provocazione sia nei confronti di persone “benpensanti” che degli stessi simpatizzanti anarchici. Anarchici che le rappresentanze svizzere in Italia tengono puntualmente sotto sorveglianza per i conosciuti fatti del caso Camenisch. Il luogo di ubicazione della sua opera, da lei proposto, peraltro infelice poiché avrebbe oscurato l’atelier sottostante, richiedeva comunque un permesso alla Questura di Roma, così come presso la Soprintendenza ai Beni Culturali che, dato alcuni precedenti, difficilmente ritengo avrebbero consentito un simile intervento su un “edificio di pregio” del centro storico. Prima di intraprendere questi eventuali passi ho comunque voluto sottoporre la problematica al Direttore dell’Istituto, Professor Riedweg. Il Professor Riedweg, che ha avuto un lungo colloquio anche con la curatrice Karin Frei, si è fermamente opposto al posizionamento sulla torre dell’opera condividendo essenzialmente le mie ragioni e affermando anche che l’opera, nella sua forza, nella sua realizzazione al “premier degré” e nel suo spirito totalitarista, avrebbe falsato il senso dell’esposizione. Pur condividendo il principio di un “ISR Ausnahmezustand” avrebbe auspicato una realizzazione meno esplicita, più giocosa in un senso dionisiaco, così da evitare ogni fraintendimento. Secondo il suo punto di vista che rispettiamo, lei ha ritenuto di non poter individuare altri spazi né all’interno né all’esterno della Villa Maraini per posizionare la sua opera, come noi le abbiamo proposto non certo per nasconderla ma per meglio contestualizzarla. Siamo rimasti perciò d’accordo di esporre la sua opera sotto altro titolo e di mantenerla nella cassa con l’indicazione del primitivo luogo di esposizione sulla torretta. Spiacenti di questo contrattempo, la saluto cordialmente.
Domenico Lucchini Direttore culturale